FAQ: DOMANDE FREQUENTI
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Cenni storici

Nel 1962 il Burundi diviene uno Stato libero e sovrano con l’acquisto dell’indipendenza dal Belgio. I colonizzatori hanno lasciato di proposito risentimenti tra le due principali etnie.

Nel 1972 la prima catastrofe! L'etnia Tutsi al potere, per timore fondato di un colpo di stato, provoca un pogrom con la morte di 200.000 persone e la fuga di 150.000, soprattutto di etnia Hutu. In Rwanda dominano politicamente gli Hutu, in Burundi i Tutsi (oggi la condizione è invertita).

La situazione in Burundi migliora molto gradualmente e, dopo 15 anni, un altro dittatore Tutsi, Pierre Buyoya, che prende il potere nel 1987 dopo l’ennesimo colpo di stato, inizia a coinvolgere gli Hutu in responsabilità di governo e garantisce la transizione democratica fino alle prime elezioni libere del 1993, in cui vince Ndadaye Melchior, esponente Hutu.

Sembra profilarsi una collaborazione istituzionale permanente tra le due etnie. Ma qualcuno non è d’accordo!

Ndadaye viene assassinato da irregolari Tutsi il 21 ottobre, poche settimane dopo la sua elezione. I risentimenti antichi riesplodono in una terribile guerra civile che durerà quasi 10 anni e che porterà in dote altri 500.000 morti e milioni di profughi. Incendi distruggono quasi interamente la foresta equatoriale trasformando l’altopiano in una terra prevalentemente rocciosa, poco coltivabile e senza la fauna tipica delle latitudini.

Tuttavia, nel 1994 i due presidenti Hutu di Burundi e Rwanda tentano una pacificazione con i Tutsi attraverso la mediazione dei paesi dell'area circostante, ma all'atterraggio a Kigali, capitale del Rwanda, il 6 aprile 1994 l'aereo esplode uccidendo i due presidenti. I Tutsi hanno sempre negato la loro responsabilità! Seguiranno i famosi 100 giorni in cui in Rwanda è stato messo in atto il più rapido e il peggiore genocidio della storia umana! Irregolari Hutu, appoggiati dalle forze militari e favoriti da uno strano attendismo dell’ONU, hanno ucciso oltre 800.000 persone, quasi tutte di etnia Tutsi, tra la metà di aprile e la fine di luglio.


La guerra civile prosegue intanto in Burundi fino oltre il 2000 e finirà con un’altra elezione democratica nel 2005, basata sulla costituzione stilata in base agli accordi di Arusha in presenza di Nelson Mandela nel 1993, ai piedi del Kilimangiaro, in Tanzania. I risentimenti nei confronti dell'altra etnia, per chi ti ha ucciso padre, madre, fratelli e amici, sono nel cuore di ogni burundese.

L'antistoria

I missionari europei sono espulsi nel 1979.
Eppure, nel luogo più improbabile del Burundi, un seminario minore (che funge anche da scuola) nel profondo sud, nel piccolo villaggio di Buta, dalla fine degli anni 80 un giovane sacerdote africano di nessun conto sta sorprendentemente insegnando con grande fatica e periodi di frustrazioni che i burundesi sono tutti fratelli in Cristo figlio di Dio, che Hutu e Tutsi non hanno ragioni per non essere uniti, che il Burundi si costruisce attraverso la loro unità.

Usa le tradizioni, lo sport, lo studio condiviso, le camere condivise per saldare amicizie ritenute impossibili. Ma non sembra funzionare più di tanto!

Il 30 aprile 1997 nel seminario irrompono migliaia di miliziani irregolari Hutu decisi a sterminare i Tutsi. Entrano alle 5.30 nei cameroni e intimano ai ragazzi di dividersi, Hutu da una parte e Tutsi dall'altra. I ragazzi, di età tra 13 e 20 anni, non si dividono.

Alle successive minacce i ragazzi non si dividono. Anche con la minaccia di uccidere tutti, i ragazzi non si dividono!

Partono i primi colpi e granate e mitragliate. Poi i miliziani cercano in altre camere e luoghi del seminario; allora i compagni nascosti sotto i letti escono e vanno a curare i feriti. Ma i miliziani tornano e sparano anche su questi ragazzi inermi. Nessuno si lamenta, solo parole di perdono per gli assassini (anch’essi cristiani) e orgoglio per essere restati uniti fino a questo punto!

Il rettore del seminario si salva miracolosamente e arriva nel camerone alla fine della scorreria dei miliziani, dopo cinque ore: pensa che tutta la sua fatica sia andata perduta! Ma quando sente da parte dei feriti e dei morenti parole di perdono nei confronti dei miliziani Hutu e la soddisfazione di essere rimasti uniti, capisce che quello è il giorno della loro vittoria!


Il suo metodo educativo ha prodotto il più prezioso gioiello che tutt'ora è incastonato in quella parte di Africa!

Rimangono sul suolo 40 morti e oltre 100 feriti. Oggi è in corso il processo di beatificazione dei ragazzi uccisi e i pellegrinaggi al santuario che celebra i 40 Martiri della Fraternità sono in aumento da tutto il Burundi e non solo, perché questo luogo è il simbolo della impossibile unità!

Visitando questo luogo estraneo, oserei quasi dire straniero in questo nostro mondo dominato dalla reattività delle logiche umane, ho cambiato la mia visione degli Africani. Li ritenevo bisognosi, non solo sulle necessità primarie, ma anche sull’educazione. Come questi popoli che alcuni ritengono selvaggi e perfino geneticamente assassini hanno potuto raggiungere una tale vetta di umanità e di idealità? Io, misero europeo scettico e aduso a necessità superflue, mi sono sentito un nano al loro cospetto!

Perché è un fatto contro ogni consolidata dinamica umana, antistorico!
Nel paese più infelice del mondo.
Nel paese più povero del mondo.
Nel luogo più sperduto del mondo.
Con le persone più improbabili del mondo.
… eppure è accaduto! Sto osservando la nascita di una nuova civiltà, una nuova Africa.

fabrizio salvucci Insieme per ruzira onlus
fabrizio salvucci Insieme per ruzira onlus
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Una Chiamata

In vita mia ho sempre desiderato andare in Africa!

Non tanto per aiutare, quanto per vincere l’estrema lotta con me stesso: sfidare una situazione di estrema povertà e di minaccia per la mia vita, sia di origine salutista, sia di origine violenta. Una sfida simile a quella altrettanto estrema di andare nello spazio. Una sfida che è vanità e orgoglio. Non dedizione!

Nel mese di marzo 2018, ancora vagamente pungolato da questa voglia di sfidare me stesso, faccio il grande passo: rinuncio nel mio cuore una volta per tutte a questa sfida. Resto a casa o comunque negli ambiti del mondo occidentale. Anche perché l’età avanza e sento a 53 anni le forze indebolirsi. Capisco che è una sfida che non avrei più la forza fisica e morale di reggere. E trovo finalmente pace! … almeno su questo punto!


La domenica di Pasqua del 2018 (1 aprile) vado alla messa delle 11 in parrocchia a Petriolo, nelle Marche, il paese dove sono nato. Al termine entro in sacrestia (dove ho passato l'infanzia e l'adolescenza, la vecchia sacrestia con la finestra a precipizio sulla piazza cinquecentesca) per salutare don Samuel. Ecco un personaggio decisivo!

Don Samuel ha due caratteristiche che mi hanno colpito: è burundese e di pelle nera eppur il parroco del mio paese (il mio paese!); pur sempre io interessato e curioso dell'intero scibile terracqueo, nega di svelarmi l'etnia di appartenenza, se Hutu o Tutsi.

Due anni prima, poco dopo il suo insediamento in parrocchia, viene a pranzo a casa mia e parla a me e mia sorella, che vive a Washington DC, della necessità di un acquedotto per la scuola che ha frequentato da bambino. Mia sorella promette di attivarsi presso le sue amicizie americane. In questi due anni però non arrivano buone notizie da oltreoceano.

Il giorno di Pasqua del 2018, nella famosa e cara sacrestia, chiedo a don Samuel a che punto è la possibilità di realizzazione dell'acquedotto per la scuola in Burundi. Lui mi risponde che è tutto fermo e mi chiede: “Perché non vieni a vedere”?


Tutta la vita mi passa davanti! ...compresa la decisione fatta un mese prima. Divento tachicardico ... impacciato ... esito con un “ma...ma...ma ...” ma era chiaro che quella era una chiamata!

Il Primo Viaggio

A fine maggio mi arriva dalla ASL questa e-mail con suggerimenti molto chiari da parte della Farnesina:

Sicurezza
Indicazioni generali, ordine pubblico, criminalità
Si sconsigliano viaggi a qualsiasi titolo nel Paese.

La permanente crisi politica che sta attraversando il Paese sta portando ad una radicalizzazione delle posizioni delle parti in causa, con grave pregiudizio per le condizioni di sicurezza. La situazione è suscettibile di acuirsi a seguito del referendum costituzionale dello scorso 17 maggio. La criminalità è diffusa, anche in ragione delle persistenti difficoltà economiche cui è sottoposta la popolazione. Sussistono pericoli derivanti dalla presenza di bande armate.

Questa informazione costituirà fino al quarto giorno di permanenza in Burundi una condizione di ansia perpetua con la quale ho dovuto lottare giorno per giorno, ora per ora, minuto per minuto.
Inizio un pellegrinaggio telefonico, e non solo, presso tutti coloro che potessero darmi informazioni sul Burundi.
Il dilemma: perché sento la chiamata a questo viaggio e allo stesso tempo ho un avvertimento così perentorio?
Sento Burundesi che abitano in Italia e Italiani che sono stati in Burundi, anche molto di recente, ma nessuno dipinge per gli Europei sul posto una situazione così drammatica, se non forse nella parte nord-occidentale del Paese, nelle province di Cibitoke, Bubanza e Kayanza; in queste zone è presente una foresta che lancia il suo braccio settentrionale fin in Rwanda e soprattutto in queste zone si trovano le miniere di coltan (contrazione per columbo-tantalite). Il coltan è un minerale molto prezioso che viene estratto anche nella regione del lago Kivu del Congo e della parte occidentale di Rwanda e Uganda. In questa zona al confine (labile per la presenza di foreste) di quattro stati, il commercio semilegale del minerale arma bande paramilitari. Il coltan è uno dei più importanti semiconduttori usati per il funzionamento dei telefoni cellulari.

Noi andremo soprattutto a sud, nella provincia di Bururi. Con le dovute cautele siamo pronti al viaggio verso le zone rurali del paese, dicono, più povero e infelice del mondo. Ma, ripeto, l’ansia, accompagnata da crisi facilitate dall’afa estiva padana, dall’abbandonare le consolidate abitudini come il pisolino pomeridiano, da qualche lieve effetto collaterale delle circa 15 vaccinazioni e dal fatto che persone che amo tanto da preferire morire io al loro posto, come mia moglie e mio figlio, siano con me, non mi lascerà più, fino al quarto giorno di permanenza in Burundi.

Il primo giorno arriviamo a Bujumbura, la capitale e conosciamo la famiglia di don Samuel; il secondo giriamo per Bujumbura e nel pomeriggio affrontiamo i 1000 m di dislivello tra il lago e l’altipiano e arriviamo sull’altipiano a quota 1800 m slm, nell’Africa rurale. Il terzo giorno arriviamo presso la scuola di Ruzira, il motivo per cui abbiamo fatto questo viaggio.

In loco abbiamo visto quali erano le reali necessità, non solo l’acquedotto, ma anche altre cose. Mancano aule, manca l’acqua corrente e manca l’energia elettrica, che per una scuola dove si fa informatica senza aver mai visto un computer (avevamo portato con noi 2 computer portatili) è un ossimoro. Anche l’entusiasmo dei ragazzi era volto verso l’attività sportiva (abbiamo portato palloni e divise) e l’informatica; ma devo ammettere che anche la distribuzione di caramelle è stata entusiasmante per chi non ha nulla.


Il nostro viaggio è continuato. Il quarto giorno siamo stati a Buta, questo luogo che mi ha fatto comprendere che in quei territori sta nascendo una nuova civiltà che l’Europa sta perdendo. Abbiamo visto altri luoghi e siamo stati anche in Rwanda, a Kigali, al mausoleo del genocidio del 1994 e a Kibeho, il famoso luogo delle apparizioni mariane del 1981, 13 anni prima del genocidio. Siamo tornati in Italia dopo 10 giorni.


Il fatto di essere stati in quella scuola e aver visto e aver sentito quali erano le reali esigenze ci ha impedito di fare un progetto che fosse una cattedrale nel deserto, come non di rado capita in quei luoghi. Di conseguenza nei mesi successivi, grazie anche all’aiuto del mio amico commercialista Fulvio, abbiamo fondato una ONLUS che abbiamo chiamato “Insieme per Ruzira”, con un progetto ben chiaro articolato in 3 ambiti: 1) costruire un acquedotto di 4 Km; 2) costruire 6 nuove aule; 3) dotare la scuola di pannelli solari sufficienti per tutte le necessità che di persona abbiamo osservato.

Nel mese di maggio 2019 abbiamo edito a nostre spese un libro del nostro primo viaggio, il quale è stato presentato sia in Lombardia che nelle Marche. Infatti, ci sembrava opportuno far conoscere i dettagli del viaggio e lo stupore che ci ha accompagnato nello scoprire, in mezzo a una povertà immensa, l’embrione di una nuova civiltà.

fabrizio salvucci Insieme per ruzira onlus
fabrizio salvucci Insieme per ruzira onlus
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Il Secondo Viaggio

Con maggiore dimestichezza, abbiamo fatto un secondo viaggio nell’estate del 2019, sempre io e Paola, vicepresidente della ONLUS, ma senza Davide, a Londra per studio, sempre sotto la guida di don Samuel Irakoze e con altri amici di Pavia: Annamaria Romano, pneumologa, Carlo Pellegrini, cardiochirurgo e sua moglie Cova Emanuela, biologa, insieme a due delle loro figlie: Benedetta di 15 anni e Anna di 13 anni.

In questa occasione abbiamo già inaugurato le prime 3 aule che un ingegnere burundese di 33 anni ha fatto costruire, il nostro amico Celestin.

Anche dopo questo viaggio sono nate nuove idee riguardo progetti che la ONLUS potrebbe portare avanti: di tipo sportivo e di tipo sanitario. Infatti, appena possibile, faremo un nuovo viaggio per mettere a punto progetti realistici su un paio di ospedali e sulla costruzione di un centro sportivo, sul modello di Athletic Pavia; un sogno che stiamo coltivando è riuscire a impiantare la vite e costruire un laboratorio per la produzione del vino, che in Burundi non esiste.

Dietro mia e non solo sollecitazione, Davide, che si occupa di sceneggiatura e regia, ha girato un breve video di 4 min e 38 sec sulla storia di Buta, intervistando 3 protagonisti, 2 sopravvissuti e don Samuel in settembre 2019, dopo il secondo viaggio. Il video è stato mandato al concorso del festival del documentario di Harembee a Lisbona nella sezione giovani (Davide ha 25 anni) e ha sorprendentemente vinto il primo premio.

L’intenzione di questo video era lanciare un messaggio di stima verso il Burundi e i burundesi, i quali sono capaci di gesti altamente ideali come quello di Buta, da cui noi europei siamo ammirati. Tutto ciò soprattutto in vista delle elezioni politiche del 20 maggio 2020, un momento molto pericoloso per il Burundi: basti pensare che nel 2015 si risolsero in un colpo di stato con la morte di oltre 2000 persone e la fuga di 250.000 profughi. Ho comunque notato nei 2 viaggi che la gente è stanca di queste faide etniche e che oramai la contrapposizione Hutu-Tutsi esiste più per fini politici che per reale contrapposizione sul terreno. Per cui volevamo far arrivare dall’esterno un messaggio di stima e ammirazione, ma allo stesso tempo un invito a prendere consapevolezza della loro capacità ideale, rara nel resto del mondo.

La vittoria di questo video ha avuto poi una conseguenza inimmaginabile!

Tra il 13 e il 17 febbraio 2020 siamo stati invitati a presentare la storia di Buta e dei 40 martiri della fraternità per la prima volta al mondo, a New York (USA), nel contesto del “New York Encounter”.

Tra i protagonisti di questo nuovo viaggio c’era anche Padre Zaccaria Bukuru, attualmente monaco benedettino presso il monastero da lui fondato a Buta e rettore della scuola-seminario ai tempi dell’eccidio del 30 arile 1997, fondamentalmente l’autore di quel modello educativo che ha portato i ragazzi a quel gesto che sta fondando una nuova civiltà in Burundi.

Dopo la nostra partenza, Padre Zaccaria è stato trattenuto a lungo in USA, tra Boston e Washington, poiché la gente lo invitava a sentire la sua testimonianza, anche a casa propria. Ma l’evento che mi ha più colpito è stato il fatto che sia stato invitato a parlare ad una radio americana rivolta a Rwandesi e Burundesi che si trovano in esilio o in patria. Pertanto, ha potuto raccontare la storia di Buta a decine di milioni di persone, Burundesi e Rwandesi, in Kirundi. Il nostro folle progetto si era realizzato!

fabrizio salvucci Insieme per ruzira onlus
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Salvucci Fabrizio

Cardiologo, Direttore sanitario Ticinello Cardiovascular & Metabolic, Presidente Athletic Pavia, Presidente Insieme Per Ruzira ONLUS

Codice Fiscale: SLVFRZ64M13G515T

P.IVA: 01843800184

I nostri contatti

Sede legale: 27100 - Pavia (PV) Lombardia Via Giacomo Franchi, 10

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